Il 24 marzo 2003 in occasione del convegno alla Dominican University, San Rafael, California, su Lavoro di pace/lavoro di costruzione: la storia della pace delle donne l’attivista pacifista, editorialista del Philadelphia Inquirer e docente di Storia Mary Ann Maggiore pronunciò un discorso molto lontano dalle logiche accademiche tradizionali, trasudante un profondo e documentato elogio del valore dell’amicizia femminile e del suo potenziale nel creare un circolo virtuoso di forza, consenso e genealogia. Eccolo.
“Faccio lavoro di pace. Organizzo gruppi contro la guerra. Mia nonna cuciva bottoni in una fabbrica. Un penny a bottone, 1.200 bottoni alla settimana, fa dodici dollari. Manteneva una famiglia di quattro persone. Era un’orgogliosa delegata del sindacato tessile. Graie a quello che ha fatto io ho il privilegio oggi di fare ciò che faccio. Vedo con chiarezza di stare sulle spalle delle donne, inclusa mia nonna, che sono venute prima di me. Stasera voglio salutare alcune di esse. In primo Eva: dicono che abbia confuso le cose, e invece le ha rese più chiare. Preferisco soffrire partorendo e avere la mia libera volontà, piuttosto che un paradiso drogato governato da due uomini che controllano tutto. Voglio mandare un biglietto d’amore a Giuditta per aver affrontato Oloferne e a Maria Maddalena, a cui non è importato un fico secco di ciò che gli apostoli pensavano sul ministero delle donne. Voglio cantare le lodi di Giuliana di Norwich e di Ildegarda di Bingen, che hanno mantenuto libero il pensiero e la preghiera delle donne. Dire grazie ad Ann Hutchinson per essere stata una tael rompiscatole nel Massachusetts che hanno dovuto buttarla fuori, e lei ha fondato Rhode Island. Vorrei ringraziare Mary Fell e Lucretia Mott e tutte le donne quacchere che hanno detto ‘la guerra e il razzismo sono sbagliati, la coscienza èsacra’. Poi grazie a Sojourner Truth e Mary McLeod: la loro luce ricorda che i poveri hanno molto più da dirmi di chi mi propone avidità e ricchezze. Ringrazio Jane Addams per l’indomabile energia che ha messo a favore della pace e Jeanette Rankin che prima della grande guerra era l’unica donna nel Congresso e che, come Barbara Lee, fu l’unica persona del Congresso ad opporsi al massacro. Vorrei ringraziare Emma Goldman, uccisa per aver detto che la guerra arricchisce i ricchi e rende i poveri schiavi. Alice Paul, Emmeline Pankhurst e Doris Stevens, torturate perché io un giorno potessi votare. Artemisia Gentileschi, Mary Cassatt, Frida Kahlo, Helen Frankenthaler, Judy Chicago, Barbara Cosentino e Shareen Nishat che hanno fatto in modo che l’arte parlasse alle donne e delle donne. Victoria Woodhull, Eleanor Roosevelt e il collettivo lesbico di Filadelfia che mi hanno insegnato che la sessualità ha molte varianti, e che la mia sessualità è mia. Ringrazio Betty Friedan per avermi aiutata a capire che le donne hanno un problema, e che il suo nome è‘sessismo’.
Vorrei ringraziare Gloria Steinem, Ruth Rosen, Eleanor Smeal e tutte quelle donne bianche che mi hanno detto che il potere è mio e lo merito. Ringrazio le donne di colore e le sorelle in Asia, sulle isole e nelle foreste, Angela Davis, Sandra Cisneros, Gloria Richardson e le coraggiose donne di Rawa che non si sono mai arrese. Arundhati Roy e Rigoberta Menchù, che hanno contrastato i dominatori con la verità e senza timore.
Vorrei ringraziare le donne della Nigeria per aver arrestato la distruzione che le compagnie petrolifere operano nel loro paese. Grazie, Delores Huerta del sindacato dei contadini e Wilma Mankiller del movimento dei nativi americani. Il mio cuore ha anche un posto speciale per Coretta Scott King e Merlie Evars. Un ringraziamento speciale alle donne ebree che lottano per la libertà e la giustizia assieme alle loro sorelle palestinesi. Grazie a Rachel Corrie. La mia gratitudine per tutte le donne che fronteggiano quotidianamente aggressioni, incluse le Donne in nero e tutte le favolose donne di Not in Our Name e di International Answer che hanno organizzato marce per la pace.
Ringrazio Donna Sheehan e le Unreasonable Women Baring Witness del West Marin: esse hanno formato con i loro corpi messaggi di pace ed hanno dato inizio ad un movimento che ha eco in tutto il mondo.
La storia delle donne è dentro ciascuna di noi. Siamo tutte testamenti del passato. Siamo tutte potenziali avvocate del futuro. Non aspettate. Non pensate solo a voi stesse ed alla vostra vita: pensate a tutte le vite dentro di voi, di coloro che sono morte e di coloro che nasceranno. E la prossima volta che qualcuno vi chiede: Cos’è la storia delle donne? rispondete: ‘Io sono la storia delle donne’. E credetelo”.
La parola grazie è una delle prime che impariamo nell’infanzia, quando ci viene insegnato che ringraziare è uno dei fondamenti della buona educazione, una convenzione sociale da seguire sulla quale spesso non ci si fanno molte domande.
Certamente saper ringraziare costituisce una vera e propria capacità emotiva, che crea legame empatico con le persone ringraziate.
Ma è una parte importante nell’attitudine a riconoscere, dentro a quel legame, anche la genealogia politica, come ci insegna Mary Ann Maggiore.
Nel femminismo, così come nel movimento nonviolento, si è spesso posto l’accento sulla valenza simbolica trasformativa della gratitudine: essere grate, nominare le altre donne per quello che ci hanno insegnato, tramandato, indicato, per le visioni proposte, i percorsi aperti, le lotte intraprese è parte integrante del processo di valorizzazione della relazione e del lascito femminista. Ringraziare è anche, e soprattutto, nominare, fare luce, rendere visibile, attraverso la citazione, ciò che spesso è dimenticato, cancellato, occultato, rimosso.
La gratitudine non ha nulla a che fare con il sentirsi in dovere di ricambiare un favore o con il ringraziare per un regalo ricevuto. La gratitudine è un atteggiamento mentale che ci aiuta a trovare elementi positivi nella vita di ogni giorno, oltre che un sentimento spontaneo basato su empatia verso il mondo e consapevolezza di sé.
Qualsiasi sia il motivo della nostra gratitudine, questa si manifesta quando riconosciamo il valore dell’altra persona nella nostra vita, quando ne apprezziamo il valore e il senso, sentendo in noi il desiderio di ricambiare. Si innesca dunque un circolo virtuoso che stimola l’empatia e rafforza i legami con le persone, con la natura che ci circonda.
Saper mostrare gratitudine significa riconoscere i propri limiti senza, per questo, provare inadeguatezza o soffrire il confronto.
Al contrario esprimere gratitudine, citando l’altra/le altre, significa essere consapevoli del proprio retaggio, percependo di stare dentro una scia storica, politica, affettiva.
Se empatia e autoconsapevolezza sono i pilastri della gratitudine, per sviluppare questo sentimento dobbiamo lavorare sulla nostra capacità di entrare in sintonia e riconoscere l’interconnessione che esiste con le altre donne, uomini e la natura, dopo la tragica lezione che la pandemia ci ha consegnato.
“Alziamoci e ringraziamo, perché se non abbiamo imparato molto oggi, almeno abbiamo imparato poco, e se non abbiamo imparato poco, almeno non ci siamo ammalati, e se ci siamo ammalati, almeno non siamo morti; dunque, esprimiamo gratitudine.” (Buddha)
Pagine: 1 2